Dopo l'emanazione dell'Editto Napoleonico di Saint Cloud “Décret Impérial sur les Sépultures”, esteso all'Italia nel 1806 , iniziò l'esumazione dei morti sepolti nella Cripta. Fu così che avvenne la sensazionale scoperta... gli individui esumati erano completamente mummificati. I corpi, di colore giallastro, ad una prima ispezione autoptica rivelavano che la loro mummificazione era completamente spontanea e che era dovuta principalmente ad un'essiccazione totale delle parti molli. Oltre a conservare la pelle, alcuni di essi presentavano ancora intatte le unghie, i denti, le orecchie, le labbra, gli organi genitali, la barba ed i capelli. Molti furono gli studiosi che sul finire del XIX sec. si recarono a Ferentillo per studiare questo fenomeno, tra cui due fisici dell'Accademia dei Lincei, il Dott. Carlo Maggiorani (1800 – 1885) ed il Dott. Aliprando Moriggia (1830 – 1906), supportati dal chimico Vincenzo Latini (1805 – 1862). Quest’ultimo svolse analisi chimiche del suolo che evidenziarono come questo fosse principalmente composto da sali di calcio, da calcare e da argilla. Secondo questi studi la natura igroscopica (che attrae l’acqua) del suolo avrebbe favorito la disidratazione dei cadaveri sepolti, mentre l’ambiente fresco ed asciutto, ventilato attraverso finestre continuamente aperte, avrebbe potenziato il processo. Probabilmente influenzati anche dalle osservazioni sulle mummie di Venzone, essi pensarono che – oltre ai fattori fisici evidenziati – la crescita di funghi potesse aver giocato un ruolo nell’essiccazione dei corpi. Potrebbe anche essere supposto che i corpi sepolti in un suolo ricco di ossido di calcio si siano conservati grazie all’inattivazione degli enzimi conseguente all’alterazione del grado di acidità. I corpi venivano infatti seppelliti a diretto contatto con il terreno (solo alcuni sono stati rinvenuti in bare), disposti lungo il perimetro murario e lasciati decomporre per poi poter tumulare i resti nell'ossario della Cripta. Ad oggi si contano 34 mummie umane (tre sono esposte presso il Museo Anatomico dell'Università di Perugia) che comprendono uomini, donne e bambini come pure 10 teste conservate, più di 400 teschi, una bara sigillata e due volatili mummificati a seguito di esperimenti effettuati nel secolo scorso. Durante gli ultimi interventi di pulitura e manutenzione della Cripta sono state rinvenute delle sepolture nella sala antecedente la Cripta forse destinate ai non battezzati. Le mummie sono attualmente in fase di studio da parte del Dott. Dario Piombino–Mascali (Università di Vilnius).
La chiesa di Santo Stefano in Precetto fu edificata alla metà del XVI sec. dalla Famiglia Cybo, sui resti della precedente chiesa medievale. Quest’ultima divenne così la cripta cimiteriale e attualmente è la sede del Museo delle Mummie. La facciata conserva, oltre l’orologio del XVIII sec. , uno splendido rosone a forma di ruota (o timone) con sole centrale e un dipinto murale con lo stemma della Famiglia Cybo. Nel portale di ingresso, sempre del sec. XVI, sono scolpiti gli stemmi del Capitolo Lateranense e di Lorenzo Cybo .
L’interno a tre navate fu ricostruito nel 1749 in un piacevole gusto rococò di derivazione romana che fa della chiesa di Santo Stefano l'unico edificio umbro decorato con questo stile.
L’abside conserva una tela raffigurante il Martirio di Santo Stefano ad opera di Giuseppe Rosi datata 1759. Nella cappella di fondo della navata destra si può ammirare un affresco raffigurante una Natività ad opera del pittore Pierino Cesarei del 1559. Nella cappella di fondo della navata sinistra è invece conservato un affresco raffigurante una Pieta' con Padre Eterno che sorregge il Cristo morto e Sant' Antonino in Adorazione.
Di particolare pregio è l' imponente Fonte Battesimale in pietra con scolpiti gli stemmi nobiliari dei principi Cybo uniti alla Famiglia Medici di Firenze e Malaspina di Massa. Di particolare pregio l'Organo in controfacciata del XVIII sec. . Di recente sono stati riportati alla luce degli affreschi risalenti al XIV sec. residui della decorazione precedente all'edificazione della chiesa di Santo Stefano.
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